CENNI DEL FUNZIONAMENTO SUL SISTEMA PENITENZIARIA ITALIANO

Pubblicato da Elia Pili
16/10/2021

Sono Antonio Cocco, Ispettore del Corpo di Polizia Penitenziaria in quiescenza dopo 35 anni di effettivo servizio di cui 41/2 presso la Casa di Reclusione all’aperto di Mamone (Nu) e 301/2 presso l” ex Casa Circondariale di Buoncammino di Cagliari. Inoltre. 18 anni di servizio nel disciolto Corpo degli Agenti di Custodia e 17 anni nel nuovo Corpo di Polizia Penitenziaria. Ho sempre svolto mansioni di una certa responsabilità e riservatezza.
Per stabilire il concetto di pena bisogna distinguere due momenti: prima della violazione del dettato della norma, essa consiste nella minaccia di un male rivolta a tutti i destinatari della regola perché osservino l’ordine contenuto nella Legge; dopo la violazione, essa consiste in una sofferenza che l’individuo deve sopportare o nella sua sfera personale (privazione della libertà ¬pena detentiva) o nella sua sfera economica (diminuzione di patrimoni — pena pecuniaria).
Nella prima fase, essa ha funzione dissuasiva perché con la minaccia di un male. determina i destinatari a osservare la Legge e tende, perciò, alla prevenzione generale dei reati.
Nella seconda fase, al momento dell’irrogazione della sanzione minacciata, la pena costituisce la reazione dello Stato contro l’autore della lesione dell’Ordinamento Giuridico ed è, anche, retribuzione del male (con il male)
Anche il tal momento la pena ha la sua funzione di prevenire la delinquenza: prevenzione generale, perché essa vale di esempio alla collettività e costituisce per tutti un efficace stimolo a osservare il dettato della Legge; prevenzione individuale, perché il singolo, subendo un adeguato castigo potrà sentire le conseguenze del male commesso e non ricadere più nel reato compiuto. Per l’esecuzione della. pena, il Codice Penale e quello di Procedura Penale dettano i principi che regolano l’esecuzione della pena. In conformità a tali principi è stato emanato il Regolamento per gli Istituti di Pena approvato il 18 giugno 1931 numero 787, sostituito con la Legge 26 luglio 1975 numero 354 e successive modificazioni e integrazioni.
Altra Riforma significativa per il sistema è stata l’approvazione della Legge datata 15 dicembre 1990. numero 335 che detta:
Art. 1 Istituzione del Corpo di Polizia Penitenziaria .
Art. 2 -II Corpo degli Agenti di Custodia è disciolto e il Ruolo delle Vigilatrici Penitenziarie è soppresso.
II Personale del disciolto Corpo degli Agenti di Custodia e quello del soppresso Ruolo delle Vigilatrici Penitenziarie entreranno a far parte del Corpo di Polizia Penitenziaria”.
Pertanto è stato disciolto un Corpo Militare e Istituito un Corpo a Ordinamento Civile.
Detto ciò, si suppone che nell’attuale momento gli episodi, in generale. hanno fotografato che le Carceri subiscono alcune manipolazioni da creare delle situazioni critiche e incontrollabili, episodi che rendono urgente la necessità di affrontare e risolvere annose problematiche all’intero sistema penitenziario del nostro Paese. Nella precaria situazione, la Polizia Penitenziaria soffre uno stato di disagio e sofferenza morale e professionale. La stessa è facile preda di attacchi infamanti e particolarmente virulenti, sottoposta a quotidiane e incontrollate vessazioni di ogni genere.
A tal proposito non sono da escludere la responsabilità del sistema delle relazioni e della comunicazione. Per una minima operazione di servizio i Corpi di Polizia sono accreditati a esporre i fatti attraverso una conferenza stampa. Come nei luoghi deputati per un maggiore impulso della divulgazione delle attività dei Comandi e degli Uffici è presente la figura del portavoce autorizzata a relazionarsi, in generale, con i Mass-Media.
Per la Polizia Penitenziaria deve rimanere tutto “Top Secret”, all’interno delle quattro mura. Tutto questo serve a gettare discredito e sospetti, non verso chi emana determinate disposizioni, ma verso l’intero Corpo di Polizia Penitenziaria, che a sua volta è vittima della volontà altrui.
Sui fatti recenti, ormai noti. la Ministra della Giustizia Prof.ssa Marta Cartabia, con propria “informazione-urgente” alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica (ripresa dagli organi di stampa), ha classificato quanto accaduto : “Violenza a freddo contro i detenuti”. Poiché tutto brucia, non si mette il dito sulla piaga. Se qualcosa è a “freddo”, vuol dire che la questione per lunghi decenni è stata lasciata in freezer con l’indifferenza di tutti.
Chi ha tradito lo spirito della Legge di riforma del Corpo? La stessa è basata sulla cultura e dialogo, sulla comunicazione, sulla partecipazione e formazione, sul decentramento e sulla ragione, con la consapevolezza che il personale di Polizia Penitenziaria, giustamente soddisfatto nei suoi diritti e nelle sue aspettative, dunque più riposato e sereno, è in grado di

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svolgere meglio e con più efficacia i suoi difficili compiti. Perché? E in quale cassetto si sono arenate le pratiche per i vari Corsi di specializzazione del personale del Corpo?
Adesso, se veramente si vuole cambiare, con fa teoria che per costruire un futuro pieno di speranza bisogna conoscere il passato, si dica pubblicamente tutto il percorso di trent’anni dell’Istituzione e i motivi perché si è arrivati al ghiaccio freddo? Altrimenti è un’altra gattopardesca intenzione. Cambiare tutto per non cambiare nulla.
Sorvolando su quanti vogliono trarre dei benefici di parte. un episodio che ha scosso noi stessi e preoccupato l’opinione pubblica non può e non deve essere liquidato e trattato senza la dovuta severa considerazione di tutte le parti in causa. Non basta che con un episodio ci si lavi la faccia.
Si indaghi partendo dal primo anello della catena, e anello dopo anello scendere giù per stabilire guaii siano state le varie omissioni oppure le iniziative per comprendere. dopo anni di sopportazione e indifferenza, perché un Reparto di Polizia dello Stato. giorno per giorno,
deteriorava tanto da mettere in discussione un negativo effetto psicologico. Le segnalazioni
della periferia hanno avuto la giusta attenzione?
La tenta è grande: pertanto, i Funzionari incompetenti o non all’altezza, davanti al dramma, si mettano la mano nella coscienza e lascino (per il bene di tutti) senza ulteriore indugio I ‘incarico
Si aggiunga, che si è in presenza di un Corpo senza testa. a trent’anni dall’approvazione della Legge di riforma, ancora è privato di un suo specifico Dipartimento che è osteggiato all’interno della stessa Amministrazione da chi dal predetto comportamento trae vantaggi professionali.
Meglio gestire la Polizia Penitenziaria in pochi, con a Capo del Corpo un Magistrato quale Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Mentre all’Ufficio del Personale sempre della Polizia Penitenziaria è assegnata una figura Professionale che ha vinto un concorso pubblico per gli impiegati del Comparto Ministeri. Forse i Dirigenti della Polizia Penitenziaria sono ritenuti professionalmente inferiori ad altre categorie?
Sfugge che la Polizia Penitenziaria quale Corpo di Polizia appartiene al Comparto Sicurezza (per quanto riguarda le norme contrattuali) e al Coordinamento pianificazione delle Forze di Polizia (per quanto concerne la Sicurezza dello Stato e le sue Istituzioni sensibili), che seguono le linee guida del Dipartimento della Pubblica Sicurezza.
Poiché il Carcere è una delle prime Istituzioni Sensibili dello Stato (pertanto ad alto rischio), sono state emanate delle linee guida per la pianificazione degli interventi per eventuali manifestazioni di protesta e disordini negli Istituti Penitenziari? O è lasciato (come dimostrato negli ultimi episodi) tutto all’improvvisazione?
Sono materie complesse e delicate e investono la Polizia Penitenziaria quale Corpo di Polizia dello Stato e negli Istituti Penitenziari, soprattutto il Funzionario del Corpo Comandante di Reparto.
La materia, pertanto, non riguarda il Personale del Comparto Ministeri, però [anomalia dei vertici del Corpo perdura. Eccezione unica non uguale nel nostro Paese e nei Paesi Anglosassone.
Si vocifera della emanazione di nuove Leggi? Non è da escludere (poi) che le nuove Leggi si sommino alle vecchie in modo che nella confusione ci passi di tutto e di più. Non è per caso che dal 1932 ci siano ancora in vigore più di settemila Regi Decreti e quattromila Decreti Legislativi. Se le Carceri scoppiano, è grazie anche alla sovrapposizione di Leggi, Decreti Legislativi e Circolari, prodotte da chi sconnesso dalla realtà.
Mentre tutti si presentano in Carcere buonisti, con le promesse in tasca che mai manterranno e con un sorriso che portano nel volto segni di dubbia lealtà, alla Polizia Penitenziaria è affidata la parte più ingrata che nell’utenza crea tensione e dispute di tutti i generi: comunicare tutte le pratiche rigettate dalle varie Magistrature. Ministeriali e Provveditoriali, eventi critici familiari, disguidi Legali, discordanze con i volontari, le perquisizioni: personali e dei locali a loro riservati, del sequestro di oggetti non consentiti.
I familiari detestano la perquisizione dei pacchi pranzi destinata a propri congiunti ristretti e quella personale per accedere ai colloqui. Tizio vanta autorità e non accetta la perquisizione, così pure Caio e Sempronio.
Le Carceri che sono sproviste (o non funzionano) di impianti a raggi X per il controllare le persone e verificare i bagagli. La Polizia Penitenziaria che non possiede apparecchi per la

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localizzazione di oggetti mediante onde elettromagnetiche. Ancora obbligati alle perquisizioni manuali.
A chi giova tutto ciò.
Per combattere il dilagare della droga e in altre complesse e delicate operazioni, I Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza si avvalgono della preziosa collaborazione delle rispettive unità cinofile. L’Unità Cinofila della Polizia Penitenziaria, una delle migliori, istituita (così come il ruolo dei Funzionari della Polizia Penitenziaria) dal Ministro della Giustizia On. Prof. Oliviero Diliberto, non è stata ancora soppressa, ma è in stato comatoso; ridotta ai minimi termini ne è stata bloccata l’evoluzione. Non si sono fatti più distaccamenti e non è stato assegnato il dovuto personale (un esempio per tutti: un distaccamento di otto unità è stato ridotto a due unità). I cani in Carcere disturbano la sensibilità dei detenuti. Sensibilità sostenuta da qualcuno la quale lascia molti, ma molti dubbi. Eppure nei Porti e Aeroporti dove transitano persone di ogni nazionalità e strato sociale, per la presenza delle Unità cinofile nessuno si scandalizza o reclama.
Dopo la strage del 18 novembre 1945 compiuta all’interno della Casa di Reclusione di Alghero (SS) da un gruppo di ergastolani senza nessuna pietà, cinque Agenti sgozzati con armi rudimentali e quattro feriti gravemente, questa volta è andata bene. Grazie a varie collaborazioni (l’indagine è ancora in corso) di recente all’interno della Sezione detentiva è stata trovata una pistola in piena efficienza. Il signore (allo stato chiamiamolo pure così) che da anni frequentava il Carcere, ha dichiarato che non conosceva che all’interno dell’Istituto non si potevano portare armi. C’ è ne saranno altri in giro per le Carceri del nostro Paese di questi personaggi così distratti?
Ancora mancano i fondi per la manutenzione ordinaria e straordinaria e ai vari servizi quotidiani, sopperisce la Polizia Penitenziaria. Manca personale del Comparto Ministeri, sopperisce la Polizia Penitenziaria. E nelle Sezioni chi rimane? Un soggetto qualunque. Non si rassomiglia a una persona, non si rassomiglia a un Poliziotto ma a un semplice essere insignificante e pure frustrato; poiché è solo, senza sistemi di protezione passiva e attivi, nei suoi confronti tutti possono dire tutto e fare tutto.
Il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri gira per il territorio per portare la sua solidarietà e vicinanza al suo personale. Il Comandante Generale della Guardia di Finanza gira per il territorio per portare la sua solidarietà e vicinanza al suo personale. Il Capo della Polizia di Stato gira il territorio per portare la sua solidarietà e vicinanza al suo personale. La Polizia Penitenziaria nella sua complessa attività, quale apparato dello Stato, vive nell’assordante silenzio, nell’isolamento, nell’ indifferenza e abbandono.
Le predette Autorità per i propri Corpi di appartenenza, inoltre, per le comunicazioni, di carattere di servizio e generale, assunte anche attraverso le indicazioni che arrivano dalla periferia, si avvalgono della rivista, “organo ufficiale del Corpo”. Nella travagliata situazione l’unica comunicazione diretta al Personale di Polizia Penitenziaria è una Circolare che impedisce, sulle attività di servizio, di esprimere per nessuna ragione il proprio pensiero..
Non va sottaciuto che tali disposizioni cozzano con il primo paragrafo dell’art. 21 della Carta Costituzionale che detta: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Inoltre il contenuto del predetto atto amministrativo non collima con le varie precisazioni delle Dichiarazioni Universali dei Diritti dell’Uomo.
In vari modi, si è sempre soffocato sul nascere iniziative tese a migliorare le condizioni generale e professionali del Corpo, gestendo il personale con indifferenza precostituita e con comportamenti alquanto discutibili, non intervenendo neanche in situazioni lesive della stessa Amministrazione.
Visto il dramma che sta attraversando il Corpo. Con l’intento di fare squadra e di risaldare lo spirito di amicizia e solidarietà tra il personale in servizio e quello in quiescenza, un gruppo di pensionati, per la prima volta, nella storia repubblicana, mettendo in gioco la loro esperienza, si sono incontrati esclusivamente in qualità di “Pensionati Polizia Penitenziaria”. Lo scopo dell’iniziativa è dare voce e visibilità a un personale ingiustamente relegato all’angolo e, poi, affronteremo temi di carattere locale e generale, perché la Polizia Penitenziaria è stanca di fare da parafulmine a chicchessia. Saremo noi a dire basta! Basta e basta!
Nella circostanza, noi non vogliamo entrare nel merito delle indagini in corso, poiché il silenzio è d’obbligo sia per il rispetto della Magistratura sia per il rispetto dei Poliziotti imputati, ma l’intendimento è quello, senza mistificazioni alcune, di rappresentare con pregi e difetti, all’opinione pubblica, i fatti in termini opinabili e non opinabili,

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Al contrario, alla Polizia Penitenziari sono stati rivolti tanti gratuiti apprezzamenti. Eppure, noi non ci permetteremo mai di chiamare “scribacchini” quei fantomatici giornalisti che forti della loro cultura hanno riesumato nomignoli quali “secondini” e “guardie carcerarie”. Noi non ci permetteremo mai di chiamare “professorini” chi è convinto di insegnare qualcosa con presunzione ideologica precostituita, senza che abbia mai varcato un portone di un Carcere. Avesse avvicinato un Poliziotto Penitenziario, forse nelle sue esternazioni sarebbe stato più prudente. Noi non ci permetteremo mai di chiamare quei politici politicanti “personaggi sui generis”, che attenti agli interessi personali si sforzano di essere aggiornati e concisi diventando oscuri dalla vergogna.
Si pensi a chi ha soffiato nel fuoco per un narcisistico ritorno di immagine. Vengono in mente alcuni personaggi che con quel fuoco hanno pericolosamente giocato.
Detto ciò, per affrontare la questione della Polizia Penitenziaria e del sistema Carcere si espongono due autorevoli pareri:
1) Il Magistrato Nino Di Matteo, durante il suo intervento al CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) appositamente riunito per discutere, dopo le “criminali” rivolte, delle norme approvate dall’Esecutivo per combattere il sovraffollamento e il contagio del Covid-19 dentro le Carceri, tra le altre cose, ha evidenziato all’assemblea che le recenti rivolte sono state promosse e volute da organizzazioni mafiose.
2) Ancora più esplicito il parere del Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, “se fossi il Ministro della Giustizia la prima cosa che farei in questo momento è quella di scernere le carceri dai segnali telefonici. Non è un caso che le rivolte scoppiano contemporaneamente a centinaia di chilometri di distanza. Questo avviene perché gli Istituti penitenziari sono pieni di telefoni cellulari.
Com’è possibile altrimenti che alle 10 del mattino scoppi una rivolta a Foggia e nello stesso tempo a Modena?”
E in siffatta situazione: qual è la reazione dello Stato? E alla luce di quanto sta emergendo: chi dispone all’interno degli Istituti cosa è lecito tenere o fare?
Come evidenziato dall’alto Magistrato componente del CSM, le recenti rivolte sono state
organizzate e volute da organizzazioni mafiose. Quindi, le organizzazioni criminali, nella
circostanza delle rivolte, hanno imposto, con mezzi illeciti, la loro volontà per conseguire interessi privati a danno di quelli pubblici.
Da notizie di stampa, in contrasto con I’ autorevole giudizio del Procuratore della Repubblica di Catanzaro, nonostante i tentativi ed evasioni di massa e ingenti danni creati alle strutture dello Stato, per volontà di “pseudo esperti”, dopo le rivolte, i telefoni e sistemi di comunicazione, di vario genere, sono aumentati. Come pare siano aumentate le armi improprie.
Nel contesto dei fatti efficace è il contenuto apportato dal Dott. Sebastiano Ardita (Magistrato membro del CSM) per nove anni a Capo dell’Ufficio detenuti del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che sentito dalla Commissione Antimafia sulle scarcerazioni dei boss mafiosi, rispondendo alle numerosissime domande, tutte puntualmente riscontrate, ha anche affermato .”Capire se le Carceri sono ancora sotto il controllo dello Stato”.
In compenso nelle Carceri accedono “nobili figure” di ogni ordine e grado, che la mattina, partecipano, in prima fila alle manifestazioni contro la violenza: sui minori, sulle donne, sui venditori di morte quali gli spacciatori e le varie mafie. Altri come giuda non mancano di abbracciare i familiari delle vittime in lacrime. Poi ci sono quelli che promettono Giustizia. (Quale?) Altri gridano che i responsabili pagheranno (Dove?), nell’Albergo a 5 stella (Carcere) dove esistono solo diritti e niente doveri? Altri che gridano certezza della pena: la certezza della pena si avrà quando si stabilirà che nessuno potrà invocare misure alternative al Carcere senza l’assenso della parte offesa o dei suoi familiari. In questi giorni tutti rinnovano la loro consapevolezza della necessità dell’impegno comune per sradicare le mafie, contrastare l’illegalità, per spezzare convivenze e complicità che favoriscono la presenza criminale. Saranno concetti validi anche per le Carceri?
Di contro, già al termine della manifestazione con marcata ipocrisia e vigliacchi comportamenti sono sempre pronti a santificare il reo e tenere a bada i castigatori della Polizia Penitenziaria e chi la pensa diversamente dal loro pensiero unico.
Nello stesso tempo: si organizzano corsi di studio in Carcere, poi all’esterno cresce l’abbandono scolastico in Italia, cioè il numero dei ragazzi che non vanno oltre la terza media.

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Sempre più spesso si parla, a livello nazionale e internazionale, con preoccupazione di abbandono scolastico precoce. Un fenomeno tanto preoccupante quanto complicato da afferrare nei suoi
contorni precisi. L’abbandono scolastico precoce è causa e conseguenza del blocco
dell’ascensore sociale. specchio implacabile di un paese che fa fatica a occuparsi delle nuove generazioni_ L’Italia finisce cosi in coda alla classifica europea.
Nessuno si preoccupa del disagio giovanile spesso connesso all’uso di droga, alcol e a comportamenti a rischio che insorgono nei giovani. Il tutto quale anticamera a passaggi più gravi quale il -bullismo”, che consiste nell’abuso di potere nei confronti di una persona più debole diffuso soprattutto in fase adolescenziale, nella quale i ragazzi tendono ad assumere comportamenti aggressivi continui per prevalere all’interno del gruppo dei pari. fino all’epilogo dell’arresto in Carcere.
A questo punto iniziano le gare. Tutti a braccia aperte per aiutare quei figli di una società perdente e finalmente arrivati nel luogo del Diritto (Carcere)
Come pure: si cercano posti di lavoro in Carcere e nel Paese i dati dei licenziamenti e della disoccupazione, anche giovanile, hanno raggiunto quote allarmanti.
Tutto l’insieme delle cose portano e non voler comprendere che la criminalità in generale e le varie Mafie in circolazione sono bene organizzate, ormai dilagano in tutti gli Stati, con il solo obiettivo e intento di imporre la loro linea su tutto il territorio della Comunità Europea e sopraffare la linea dei vari Paesi e le loro Leggi. Cosi come all’esterno. anche all’interno del Carcere interessa esclusivamente la loro supremazia da ottenere in qualsiasi modo, prezzo e mezzo_ Infatti, ogni scusa è buona, per ottenere benefici e vantaggi e continuare dall’interno delle Carceri a tutelare gli interessi rimasti all’esterno. Con discorsi mirati e ben articolati capaci di incutere all’interlocutore sentimenti di pietismo.
Poi non mancano i soliti noti che aggrediscono i Poliziotti con il tentativo di essere dichiarati logorati dal sistema Carcere e cercare di ottenere dei benefici. Più sono le aggressioni maggiore è la possibilità di raggiungere il traguardo prefissato. Le giustificazioni a favore sono sempre garantite. Nessuna parola per l’aggredito. L’aggredito non fa notizia e di lui non si parla. Non mancano le richieste dei detenuti di peso che chiedono l’allontanamento del Funzionario Comandante di Reparto a loro non gradito.
Non manca chi colpisce con violenza il Poliziotto Penitenziario per non partecipare, quale teste, al Processo in videoconferenza.
Non fanno notizia tutti i quotidiani salvataggi che la Polizia Penitenziaria sventa dei ristretti che tentano il suicidio. A loro che sono “esperti” interessa che quel tentativo diventi realtà. Interessa lo scandalo. per poi cavalcarlo, per rafforzare a modo loro le proprie ragioni e classificarsi come i soliti salvatori del sistema. Giornalmente, numerosi sono gli atti di autolesionismo.
Il Corpo di Polizia Penitenziaria, poiché Corpo di Polizia, i cui appartenenti di
conseguenza. sono (Art. 57 c.p.p.) Agenti e Ufficiali di Pubblica Sicurezza e di Polizia Giudiziaria, svolge ìi suo compito, pertanto con l’obbligo giuridico di prendere, anche di propria iniziativa, notizie di reati, impedire che siano portati a termine e a conseguenze ulteriori, ricercare gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della Legge penale.
Analogamente mantengono le varie e imprevedibili esigenze di Ordine e Sicurezza che
riguardano la Custodia dei ristretti e degli Internati. Esigenze che possono far temere o
impongono di prevenire o fronteggiare: rivolte, evasioni, atti di violenza o comunque illegali. Controllano sulle eventuali propagande eversive o anti istituzionali, progettazione o
organizzazione di atti delittuosi da compiere all’interno Applicano le norme per impedire l’
introduzione dall’esterno di armi. di droga o altri oggetti atti a offendere, non consentiti
Salvaguardare le strutture dello Stato,
Il Poliziotto penitenziario davanti alla Bandiera tricolore presta il suo giuramento secondo la formula: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le Leggi dello Stato, di adempiere ai doveri dei mio Ufficio nell’interesse dell’Amministrazione per il pubblico bene”.
Certa politica non ha interesse a far emergere comportamenti lesivi del Diritto dello Stato. tende naturalmente a mantenere lo stato quo, lavora troppo spesso per creare Mentes. Si ammanta di tutto l’armamento ideologico per contrastare il cambiamento. La Polizia Penitenziaria per tutelare la sua immagine. professionalità e competenza ritiene non praticabile di usare: “La forza come diritto, ma il diritto come la forza”.

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Bandiera, schieramento in armi, Picchetti d’onore, Festa del Corpo, Giuramento, Repubblica, Patria, Fedeltà, Doveri: a cosa servono se tali principi sono disattesi e umiliati per volontà altrui? Segno, inoltre, di disistima e offese lesive di diritti e valori riconosciuti e protetti dalla tradizione e dalle Leggi dello Stato.
Si sappia che la Polizia Penitenziaria non rinuncerà mai a Onorare il Martire Basilide, Patrono del Corpo e i suoi Caduti, al ~etto delle Istituzioni, della sua Bandiera, all’orgoglio dell’appartenenza e allo spirito di Corpo, alle sue tradizioni, alla sua sensibilità, al suo im ce, no e altruismo oltre a tutte • uelle • rero • ative • reviste da Testi e dettati
normativi.
Si chiedono aperture di palestre e sale di socialità per ristretti e ci si preoccupano delle previste periodiche istruzioni tecnico professionale dei Poliziotti penitenziari. Secondo questa teoria l’addestramento e l’aggiornamento della Polizia Penitenziaria spaventa la popolazione ristretta, mentre l’addestramento dei ristretti non spaventa la Polizia Penitenziaria. Infatti, il taglio dei fondi per corsi di aggiornamento, difesa personale e delle armi di reparto e dotazione personale, è un miraggio. .
Per tenere in stallo la questione delle attrezzature delle palestre degli Agenti, si va dalla mancanza di fondi al fatto che la struttura prevista serve come magazzino.
Si aggiunga, diversamente dal dettato delle Leggi e Regolamenti, che è stata inserita la
c.d_ sorveglianza dinamica. Nelle Sezioni detentive, un controllo scarso e appena visibile a
distanza, quando non manca la supremazia e prepotenza dei duri sui deboli, i quali duri, mal sopportano anche i controlli sporadici, venendo meno la così parità di condizione di vita di tutti i ristretti. Nello stesso tempo, i Poliziotti resi innocui e impotenti senza mezzi idonei, sono sottoposti a una serie di fatti incresciosi e aggressioni quotidiane. Nei ristretti, inoltre, si radicalizza l’idea che la rieducazione prevista clan’ art. 27 della Costituzione e i vari benefici di Legge passino attraverso l’arroganza, l’aggressione al personale e la distruzione delle strutture ospitanti, creando danni per consistenti milioni di euro allo Stato. E tutti i danni giornalieri creati alle suppellettili varie in dotazione. Chi li paga?
Inoltre, come conciliano le predette disposizioni con l’art. 3 primo punto della Costituzione che detta: ” Tutti i cittadini (e i carcerati fino a prova contraria sono cittadini) hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla Legge, senza distinzione di sesso, razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali?”
L’art. 3 della Costituzione è uno dei più ricchi di significato e di contenuto etico e giuridico. La prima parte, nell’affermare le pari dignità sociali di tutti i cittadini, codifica il principio dell’uguaglianza nel senso che non sono consentite discriminazioni alcune. In proposito occorre chiarire che, in tal caso, si viola il principio di uguaglianza non solo quando si trattano in modo difforme situazioni uguali, ma anche quando si trattano in modo uguale situazioni diverse.
Sarebbe, per esempio, contrario al principio di uguaglianza sancire che l’adolescente inserito in un posto qualsiasi abbia gli stessi doveri di un adulto, senza tenere conto che le sue condizioni particolari richiedono norme adeguate per salvaguardare la sua personalità psicofisica, più esposta, perché ancora in fase di sviluppo, più debole e quindi, meritevole di maggiore tutela.
Nel caso specifico, come si armonizza la promiscuità e supremazia dei duri sui deboli? Chi deve rispondere della violazione della Costituzione?
In merito alle aggressioni ai Poliziotti poiché l’azione penale è obbligatoria, per una questione di equità, sarebbe opportuno attraverso gli organi di stampa far conoscere all’opinione pubblica: le date di segnalazione; i procedimenti conclusi; i procedimenti in istruttoria e quelli arenati.
Pubblicamente la Ministra della Giustizia Prof.ssa Marta Cartabia ha rinnovato la sua fiducia al Corpo. Non basta! Per non sembrare un atto di circostanza, disponga una inchiesta, a largo raggio, per conoscere dove sono i numerosi fascicoli delle aggressioni ai Poliziotti Penitenziaria. Altrimenti si pone una domanda: Quando gli Agenti offendono i detenuti, esiste la Costituzione? E per tutto quel personale, malamente aggredito, che ha subito lesioni gravissime permanenti, non c’è nulla? Finisce tutto così?
Si pensi che moltissimi dei comportamenti segnalati dai Poliziotti Penitenziari sono palesi perché rilevati, in modo inconfutabile, dai sistemi di videosorveglianza posti all’interno dell’Istituto.
L’art. 100 e 103 della Carta Costituzionale si occupa di due Organi ausiliari di rilevanza costituzionale che sono il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti.

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Il Consiglio di Stato ha una duplice funzione: Consultiva e Giurisdizionale. Mentre la Corte dei Conti nella sua complessa attività a anche una competenza specifica di carattere contabile: giudica, assolve o condanna al risarcimento, sulla responsabilità per danni cagionati allo Stato dai suoi Funzionari.
Poiché i cittadini onesti, aspettano che siano i riottosi a pagare i numerosi danni causati, alle strutture dello Stato (Carcere), così come dispone l’Ordinamento Penitenziario del 1975 che testualmente detta: “I detenuti e gli internati che arrecano danno alle cose mobili o immobili dell’Amministrazione penitenziaria sono tenuti a risarcirlo senza pregiudizio dell’eventuale procedimento penale e disciplinare, con prelievo anche dalla remunerazione.”.
Pertanto, in merito a tale legittima attesa, il Procuratore Generale della Corte dei Conti, con l’acquisizione degli atti di merito e con suo procedimento, potrebbe valutare, nell’applicazione di tale norma, se vi siano comportamenti omissivi che ledono l’interesse dell’erario.
A questo punto, la mente corre veloce a un periodo – analogo a quello attuale – molto lontano, ma assai molto vicino (oggi all’interno e all’esterno delle Carceri non mancano le menti raffinate) quando tutte le turbolenze del Carcere (quotidiane rivolte, sequestro e pestaggi agli Agenti, sequestro e tentato sequestro di Magistrati, tentativo di sequestro di Avvocati etcll Signori “buonisti ed esperti” di turno, accollavano le responsabilità sempre (poiché militari, senza diritto di replica) al personale di Custodia, che operava con turni massacranti di otto e dieci ore (quando le cose andavano bene) senza riposi settimanali e congedi, indifesi da chi ne aveva la responsabilità, additati come analfabeti, ignoranti e professionalmente incapaci. Non sono mancati incriminazione e arresti. Però, le assoluzioni l’hanno fatta sempre da padrona.
Resta che già dalla fine del 1968, in Italia iniziò la strategia della tensione e degli anni di piombo, in cui si verificò un’estremizzazione della dialettica politica che produsse violenza di piazza, lotta armata e terrorismo. Di conseguenza, le Carceri erano diventate difficili da gestire e controllare.
Con la strage nel 1974 nel Carcere di Alessandria, alcuni detenuti armati di arma da fuoco misero in atto una rivolta. Un Assistente Sociale, un Medico, un Insegnante e due Agenti furono consegnati alle rispettive famiglie dentro una bara. Numerosi furono gli Agenti feriti.
Nonostante le umiliazioni che giornalmente gli Agenti subivano, nella circostanza, fu grazie alla professionalità del personale di Custodia se l’azione criminale non si sia terminata con una vera carneficina.
Nel contempo alla strage, le parole, commosse ed esplicite, del Comandante degli Agenti Maresciallo Maggiore Sc. Alfonso Manzi furono: “Si piangono i morti per l’indifferenza alle nostre richieste e proposte”.
Le parole di un infermiere, due Educatori e un volontario, in lacrime furono: “Siamo vivi grazie al coraggio e professionalità degli Agenti.
questo dimostra che quando lo tsunami arriva travolge indistintamente tutti. Nessuno può fare il discorso a me non interessa.
Da quel momento lo Stato, attraverso le sue Istituzioni iniziò a fare lo Stato. Presidio statico, a turno, giorno e notte, dei Corpi di Polizia all’esterno dei Penitenziari. Si emanarono delle disposizioni di senso restrittivo da applicare all’interno. Arruolò circa seimila Agenti con corsi di tre mesi e subito inseriti nei vari Reparti. Incremento del ruolo degli Ufficiali. Dotazione immediata al Corpo di strumenti di difesa.
Restrizione per l’accesso in Carcere. Esclusi i Magistrati, le pochissime persone autorizzate, a qualsiasi titolo, in abiti civili, senza indugio, dovevano essere sottoposte a severa perquisizione. Si badi bene, chicchessia doveva sottoporsi a perquisizione.
Nel 1977, proprio per rispondere alle lotte che si erano sviluppate e continuavano ad ampliarsi nel circuito carcerario e per cercare di ostacolare i livelli di raggruppamento in continua crescita, con semplice Decreto ministeriale vennero Istituiti le Carceri speciali. Non avendo nell’organico II disciolto Corpo degli Agenti di Custodia Ufficiali Superiori, il Coordinamento dei servizi di Sicurezza degli Istituti di Prevenzione e Pena fu affidata al Generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa.
Il Personale di Custodia in quegli anni versò un grande tributo di sangue, ma nella sconfitta del terrorismo ebbe un ruolo di primo piano. Il primo terrorista che diede uno scossone micidiale alle Brigate Rosse dichiarò la sua intenzione di collaborare con la Giustizia al Comandante della Casa Circondariale di Cuneo Maresciallo Maggiore sc. Angelo Incandela. A Torino, mentre usciva della sua abitazione per recarsi in servizio, l’Agente di Custodia Lorenzo

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Cutugno fu il primo delle Forze dì Polizia che pur ferito a morte riuscì a reagire sparando sette colpi dalla pistola di ordinanza, ferendo gravemente il suo aguzzino.
Ora, per stabilire i principi che regolano le rispettive posizioni del Cittadino e dello Stato di “diritti’. e ‘doveri”, la Costituzione affronta i problemi di struttura fissa, cioè [ordinamento della Repubblica. Infatti, nella divisione dei poteri, al Parlamento, composto dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica, è demandato il potere Legislativo.
Le Leggi approvate dalle due Camere sono promulgate dal Presidente della Repubblica e dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale diventano, a tutti gli effetti, Leggi dello Stato. Le Leggi dello Stato non sono oggetti di semplice scrittura, ma lo strumento che regolano ordinatamente la vita sociale di una Nazione e che tutti hanno l’obbligo di applicare e rispettare nel suo intero contesto. Nel contesto una domanda si impone: è possibile che una Circolare o nota esplicativa emessa da un qualsiasi Funzionario o capo Ufficio possa deviare o limitare il contenuto delle Leggi, dei Contratti, degli Accordi Quadro e dei Regolamenti?
A supporto. lascia a desiderare l’applicazione del Decreto Legislativo numero 81 del 9 aprile 2008 aggiornato e con modifiche apportate, da ultimo, dal Decreto Legislativo numero 101 datato 31 luglio 2020 che fornisce disposizioni generali per quanto concerne la sicurezza e l’igiene sul lavoro, i requisiti dei luoghi di lavoro, ia prevenzione incendi, l’evacuazione dei lavoratori e il primo soccorso. A tal proposito. sarà presente la figura del Medico competente in materia di lavoro? Lo stesso, infatti, quale soggetto autonomo, preposto a dare attuazione ai contenuti della sorveglianza sanitaria, fissa sotto !a sua responsabilità protocolli mirati alla prevenzione di rischi di per sè concausa di patologie da lavoro, informa il lavoratore dei risultati fatti dagli accertamenti sanitari; inoltre, prescrive, e il tal caso il datore di lavoro ha l’obbligo di adempiere alle prescrizioni, dispositivi individuali di protezione per quei lavoratori (nel caso specifico, Poliziotto) per i quale esprime giudizio di idoneità alla mansione specifica al lavoro.
Dove sono e dove sono stati formati negli Istituti 1 rappresentanti della sicurezza”? Il rappresentante della sicurezza ha diritto a una formazione particolare in materia di salute e sicurezza. concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
Dove sono e dove sono stati formati i lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione di lavoratori in caso di pericolo grave e immediato. di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza?
Pur con tali difficoltà, se le cose vanno male, il Poliziotto Penitenziario, senza idonei strumenti e formazione, armato solo del suo istinto_, rischia sempre a proprie spese.
Un’ Amministrazione ingrata, fatta salva qualche circolare incomprensibile e inapplicabile, nel tempo non ha mai attuato iniziative e programmi idonei per il miglioramento del benessere degli Agenti.
Un’ Amministrazione distratta anche con la gestione della Caserma. Una Circolare oggi e una Circolare domani (una volta si paga l’acqua. una volta la luce, una volta la camera etc.), ignorando che la Caserma non significa villaggio delle vacanze. ma sicurezza per la stessa Amministrazione. Se il Personale celibe, nubile e pendolari alloggiasse in Caserma, [Amministrazione in caso di necessità avrebbe per l’impiego il personale disponibile. Mentre. allo
stato. visto il comportamento dell’Amministrazione, il personale preferisce, in tre o quattro,
prendere in affitto un alloggio all’esterno dell’Istituto. e fuori dell’ orario di servizio non dare ausilio a un’Amministrazione matrigna. Arrivano in perfetto orario di servizio e appena terminato il turno “scappano” via. Cosi in Sede rimangono quelle pochissime unità di turno. In caso di necessità bisogna rivolgersi alle altre Forze di Polizia. E’ stato rotto il legame, la collaborazione e la fiducia reciproca tra le parti.
Anche le Caserme dei nuovi Istituti sono state progettate e valute (dai soliti esperti e conoscitori delle esigenze dell’Amministrazione e del personale del Corpo) per un numero ridotto, in confronto al contingente assegnato, alla capienza dei ristretti e della particolarità degli stessi.
Altra trovata nei confronti del Corpo è il trattamento degli Allievi Agenti nella Scuola di Formazione. Dopo 15 o 20 giorni di Corso gli stessi vengono mandati negli Istituti in c. d. -On The Job”. formazione sul posto di lavoro, accompagnati da un tutor, (Quale?). Meglio tacere. Se la Legge prevede che il Corso Allievi sia di 6 mesi, gli Allievi devono rimanere 6 mesi fissi nelle Scuole. Gli Allievi sono gli Agenti del futuro pertanto devono essere formati e preparati e non disorientatLcome non si comprende la soppressione di una scuola del corpo.

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La Polizia Penitenziaria e il Carcere in generale è la Cassa di risparmio dello Stato. I soliti Esperti pieni di presunzione che non hanno mai risolto nulla, hanno portato l’ Istituzione in uno stato comatoso irreversibile. Per le dovute cure, adesso non basta più l’aspirina, ma occorrono i bisturi che scendano in profondità per estirpare il male incancrenito.
Non va sottaciuto che il personale di Polizia Penitenziaria. oltre ai suicidi (ultimo nella
Regione Sardegna il 30 luglio 2021), è il Corpo di Polizia dello Stato più colpito da malattie
degenerative invalidanti, seguiti dai vari Centri di Medicina Mentale e C_NLO. degli Ospedali Militari, per infermità che fanno capire la situazione dell’ambiente lavorativo in cui opera.
Come in questo triste periodo di pandemia, anche la Polizia Penitenziaria ha i suoi morti e nulla si conosce sul numero dei contagiati, mandati al fronte, anche nella circostanza allo sbaraglio, senza le dovute protezioni e tutele.
Pertanto, anche in materia di Covid-!9, seguendo l’esempio dei Sanitari. Infermieri e familiari, tutti gli interessati della Polizia Penitenziaria devono portare lo Stato in Tribunale. Poi sarà Io Stato a esaminare il comportamento fazioso di eventuali responsabili del danno creato all’intero Corpo di Polizia Penitenziaria.
In compenso non mancano pure quei Signori in giacca e cravatta, senza contradditorio
contro i Poliziotti. pronti ad afferrare il microfono e piazzarsi, in modo visibile, davanti alle
telecamere, preoccupati invece di chi ha assicurato il medico 24 ore su 24 e le specifiche cure, colazione, pranzo e cena, il menù approvato per la primavera, l’estate, l’autunno e [inverno, tutti viveri di prima qualità, controllati e approvati giornalmente da una commissione, che se non lo ritiene commestibile ha la facoltà di non consentire la distribuzione, pretendendo una nuova preparazione. Per carità, non manchi: la televisione. l’acqua calda, l’aria condizionata o il riscaldamento.
Non hanno la stessa sorte la Caserma e la mensa della Polizia Penitenziaria.
Non si occupano certo di chi non riesce a coniugare il pranzo con la cena e non ha la forza non solo di distruggere strutture pubbliche, ma neanche di camminare. Oppure di chi con 600/00 euro di pensione mensile deve scegliere se pagare la luce, il gas o l’affitto di casa o se deve acquistare i viveri per mangiare. O di chi ha un familiare diversamente abile e versa
giornalmente lacrime amare, poiché non riesce a garantire agli stessi le cure e il minimo
dovuto. Oppure di quelli, in condizione precaria, ai quali i Comuni, per mancanza di fondi, non garantiscono un’adeguata assistenza. E ancora di chi, logorato dal lavoro, non ha i soldi per acquistare le medicine per curarsi.
Si occupano dei “sofferenti• , di quelli che non vedono l’ora di ritornare a spacciare droga nei quartieri. nei parchi e davanti alle scuole pure a bambini di 10 e 11 anni. Si occupano dei “più deboli”. mai delle vittime o dei familiari delle vittime, perché ritengono, che andare tutti i giorni al cimitero a trovare i propri cari, vittime di una discutibile società, sia come andare in discoteca.
Quanta attenzione meriterebbero: bambini/e uccisi e fatte a pezzi e buttati nelle
discariche; bambini/e rimasti orfani della mamma per femminicidio (uno dei fenomeni delittuosi più odiosi e ricorrenti): bambini/e rimasti senza _padre nel tentativo di rapina; bambini/e che hanno perso il padre in attività di servizio.
Chi sa se mai chicchessia si sia preoccupato degli effetti dirompenti che attanaglia quei bambini.
Qualcuno offre ausilio ai familiari e magari si preoccupa dei bambini sottoposti ad abusi sessuali (pedofilia) che hanno uno sconvolgimento gravissimo di comportamento con conseguenze di vari disturbi e messa in atto di condotte diverse.
Non si tralascino tutte quelle persone in età avanzata. malamente pestate per quattro euro oppure uccise per appropriarsi della misera pensione.
La pietà per loro latita.
E in prospettive simili si nomina figura su figura e Uffici su Uffici (con sprechi vari, di mezzi
e personale) quando l’Ordinamento Penitenziario del 1975 detta:… Magistrato di Sorveglianza,
esercita, altresì, la vigilanza diretta e assicura che l’esecuzione della Custodia degli imputati sia attuata in conformità delle Leggi e dei Regolamenti”.
Inoltre al Magistrato di Sorveglianza, competente per territorio, sono conferiti (oltre a tutta un’altra serie di incombenze) ampi poteri di intervento. con relativa ordinanza. su reclamo del detenuto, in materia di lavoro e di disciplina. A questo scopo la Legge pone al Magistrato di Sorveglianza l’obbligo di recarsi di frequente in Carcere e di sentire tutti i detenuti che hanno presentato richiesta di colloquio.

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Tutto l’ordinamento Penitenziario è formulato sulla figura del Magistrato di Sorveglianza, e la Magistratura (per Costituzione), è un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.
Certa politica “sensibile” ai problemi dei detenuti prima si è avvalsa di alcune Commissioni, poi, è sbocciata la figura del Garante per i detenuti.
Le due figure (Magistrato di Sorveglianza e Garante) alla luce del dettato normativo sono
jnconciliabili. Il Magistrato di Sorveglianza in nome e per conto dell’Ordinamento italiano
(Tribunale) cui è affidata l’amministrazione della Giustizia. emette il provvedimento (Ordinanza) sulla base del Regolamento di esecuzione, che invia all’Autorità predisposta all’esecuzione.
Il Garante per i suoi interventi invia agli Uffici o Enti Pubblici una sua lettera.
Per il momento solo un semplice (perché gli altri sono più significativi) esempio dà l’idea della delicata questione. Si tratta dello stesso fatto e della stessa persona: a una precisa richiesta il Magistrato di Sorveglianza emette la sua ordinanza in una determinata direzione. Il Garante spedisce la sua lettera con richiesta in senso inverso. Chi deve eseguire, che fa? Se non vuole incorrere in una denuncia per abuso di potere e omissione d’atti d’Ufficio, senza indugio deve dare
corso all’Ordinanza del Magistrato, ignorando la lettera del Garante. Oppure il Garante
interferisce sulle competenze del Magistrato di Sorveglianza? Ma, così viene meno l’Indipendenza e I’ autonomia della Magistratura
La questione è più complessa del semplice esempio. Bisogna stare attenti, perché se in Parlamento arriva un politico poliedrico ed esperto di diritto in nome e per conto dei detenuti, sfodera una Leggina per la nomina di Garanti: presso la Magistratura Inquirente e
Giudicante. Non escluso nella DIA (Direzione Investigativa Antimafia) o alla DDA (Direzione
Distrettuale Antimafia).
Ancora. La Legge numero 10 datata 21 febbraio 2014, di costituzione del Garante Nazionale dei detenuti detta: ” La sua principale funzione nel!’ esecuzione penale di adulti e minori e nelle misure di sicurezza detentive è quella affinché l’esecuzione della custodia sia conforme a
principi e norme nazionali e internazionali, intervenendo su criticità di carattere generale. Per
tali compiti, visita, senza autorizzazione, gli Istituti di penitenziari
Norma inserita con un’ assurda incompetenza fatta da chi non ha una minima cognizione di causa. Gli appartenenti alla Carriera dei Funzionari del Corpo di Polizia Penitenziaria rivestono la qualifica di Sostituto Ufficiale di P.S. art. 6 del Decreto Legislativo numero 146 del 21 maggio 2000.
In caso di grave episodio in una Sezione, il Comandante di Reparto innanzitutto si accerta che non vi siano Poliziotti aggrediti o in ostaggio, e nel contempo, attiva tutti i sistemi di sicurezza In secondo luogo avvisa il Direttore e il Provveditore Regionale dell’ Amministrazione Penitenziaria. Informa il Procuratore della Repubblica e il Magistrato di Sorveglianza competenti per territorio. Valuta se chiedere ai Prefetto l’ausilio delle altre Forze di Polizia. Quale responsabile tecnico-operativo informa il Questore del Capoluogo. In caso di intervento eccezionale delle Forze di Polizia all’interno dell’Istituto si impone una pianificazione attenta e l’applicazione di peculiari cautele.
Cessata l’emergenza il Comandante di Reparto svolge le prime indagini di P G (Polizia Giudiziaria). Questa attività, consiste nel compimento di tutti quegli atti, legittimi, tipici o atipici. di informazione, investigazione e assicurazione diretti alla ricostruzione dei fatti e alla individuazione dei responsabili L’iniziativa può essere autonoma. o successiva. Autonoma quando l’iniziativa e propria, successiva, quando viene svolta su direttive del P.M. (Pubblico Ministero).
Poiché i fatti descritti devono ritenersi attività di Ordine e Sicurezza Pubblica (previsto da norme complesse in vigore), il Comandante di Reparto impedisce con ogni mezzo al Garante di accedere nei luoghi dove ci sono eventuali disordini. Questo perché il Comandante è responsabile in prima persona degli eventuali danni che quella persona potrebbe subire.
Allora bisogna disciplinare con modi e tempi, l’accesso del Garante agli Istituti di Pena . ll Garante deve sapere che le sue responsabilità terminano appena sfiorano quelle degli altri.
In subordine, compresi i Testi giuridici che interessano la responsabilità del Direttore, si approvi una Legge con un solo articolo in tal senso: Visto il c.p. e p p., Visto l’Ordinamento Penitenziario del 1975 e il suo Regolamento e successive modifiche e integrazioni. Visto il Regolamento del Corpo di Polizia Penitenziaria, tutte le disposizioni che ora fanno capo alla Polizia Penitenziaria siano trasferite a carico del Garante. Cosi, lo stesso, in Carcere può entrare e uscire come e quando vuole.
Altrimenti è troppo facile fare il Garante con le responsabilità altrui.

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Inoltre, la Legge assegna al Garante Nazionale 25 unità di personale (20 dal Ministero della Giustizia). Per fare cosa? Mentre negli Istituti tutte le sedie delle varie figure professionali sono vuote.
Si comprende che per la penuria di tutto i tutti i settori, la macchina (Carcere) se pur sgangherata, anche se a spinte riesce a camminare grazie alla buona volontà della Polizia Penitenziaria. Pertanto sono necessarie di soluzioni innovative, dell’organizzazione dei servizi, di strutture e metodi, non basati sull’improvvisazione o, peggio, secondo i sentimenti della volontà sociale, ma capaci di interpretare correttamente i bisogni occorrenti per il sistema in generale, Infatti, il problema del Carcere, potrebbe essere preso a emblema della condizione del nostro Paese, che pare afflitto da un male spirituale e materiale dal quale viene l’impedimento a venire a capo di qualsivoglia difficoltà.
Dovunque le prigioni sono un luogo tendenzialmente violento, al quale la società guarda con atteggiamenti che vanno da una disposizione a sua volta violenta, alla richiesta di durezza di pena senza speranza, fino all’attenzione intelligente e misurata. Di giorno in giorno è arduo conseguirvi l’equilibrio tra la ragione della rieducazione e quella della repressione.
A tutto ciò si aggiungono unioni di persone di ogni genere (che si presentano con vari nomi), per i detenuti si dimostrano sempre pieni di pietà, specialmente quando ci sono fruttuosi progetti da sfruttare, in assenza del quale la loro pietà, diventa un atteggiamento di disinteresse. Loro sono scaltri e conoscitori degli Uffici regionali e degli Enti locali. Poi, alla fine dell’ anno (con l’immancabile conferenza stampa) presentano la loro relazione, come un disco rotto, sempre con le stesse frasi: che le celle sono sovraffollate e bisogna concedere a tutti amnistia e indulto. Che in Carcere ci sono troppi ergastolani, pertanto bisogna abrogare l’ergastolo. Che semplicioni! Bisogna tenere alta I’ attenzione ai carcerati perché una volta scarcerati (senza progetti) non li guarda in faccia nessuno.
Ormai il Carcere è diventato un luna park. Chi concede in modo discriminato tutte queste autorizzazioni per l’accesso in Carcere? Chi deve frenare questa corsa sconsiderata all’accesso in Carcere? L’Amministrazione è a conoscenza che mancano i locali per tutte queste persone che giornalmente entrano in Carcere? Che non può essere esercitato un accurato controllo? Che sono venuti meno i minimi parametri di sicurezza?
Occorre predisporre un elenco di chi chiede di accedere in Carcere. Autorizzare, per un anno, in numero di due associazioni e dopo un anno il cambio.
Ora, non ci permettiamo di giudicare e condannare nessuno. Ma, responsabilità evidenti, vecchie e nuove, sono presenti e da ricercare all’esterno del perimetro penitenziario. Si sono approvate le Leggi, si sono emanate le disposizioni e, nel complesso, delle difficoltà se ne sono tutti disinteressati. Per applicare le Leggi e le disposizioni occorre prima creare tutti quei fattori principali attinenti alla materia.
Pertanto, è inutile approvare nuove Leggi: prima si applichino correttamente quelle esistenti, per comprendere quali sono le parti insufficienti e su quelle intervenire.
Il Carcere non è stare seduto in Ufficio qualche ora la settimana, il Carcere sono “LE SEZIONI DETENTIVE”. Pertanto, occorre eliminare i fattori importanti che determinano lo scompiglio all’interno delle stesse, consapevoli che sono luoghi che contengono più persone della loro normale capienza. Sostanzialmente, quando si parla di rieducazione, si fa riferimento a un’ offerta di opportunità al condannato che corregga la sua antisocialità, ne adegui il comportamento alle regole giuridiche e ne permetta un suo progressivo inserimento nella società. Per fare ciò, “in primis” occorrono ambienti che diano un senso, uno stimolo alla persona di accettare la proposta. Allora, domande che diventano imbarazzanti attendono risposte. Perche si continua a tenere le Sezioni come contenitori di carne umana? Perche le Sezioni sono tenute come discariche sociali, dove confluiscono tutti i problemi non risolti? Perché si tengono le Sezioni simili a
scuole di criminalità? Perché ancora si vive nella presunzione che in un perimetro
ristretto (Carcere — Sezione) pieno di problemi e difficoltà di ogni genere, la Polizia
Penitenziaria possa sopperire al fallimento di una società in completo dissesto.
Se le Sezioni sono in queste condizioni, nei decenni, cosa hanno prodotto in termini di utilità al sistema, per alleviare le sofferenze ai ristretti, i vari: Stati Generali, Professori, Garanti, Varie Associazioni, Studiosi ed Esperti di ogni genere?
Che cosa hanno fatto per rimuovere quelle situazioni che generano occasione di ostilità e reclamo da parte dei ristretti? O sono interventi a fini statistici? Le Carceri hanno bisogno, non di statistiche, ma di fatti concretti e soprattutto applicabili.

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E nelle questioni tecniche sulle quali da troppo tempo ballano esperti, politici e burocrati si inserisce un complesso argomento: la recidiva.
Lo status di recidiva rappresenta indubbiamente una condizione soggettiva prettamente pregiudizievole nella quale versa un determinato soggetto. Tale condizione sussiste quando: sia stato instaurato un nuovo procedimento penale a carico del reo. dopo che questi abbia già riportato in precedenza una sentenza di condanna definitiva per delitto doloso (commesso con deliberata e precisa volontà di nuocere) (contrapposto a colposo e preterintenzionale) senza attenzione. Pertanto Io stesso aveva pagato il suo debito con la giustizia.
Adesso messi ai margini di una società (trattati come vecchi galeotti) che li dimentica e li avvilisce, non resta altro che commettere altro reato e seguire la via del Carcere.
Mentre la teoria costante è quella che il soggetto si fa riarrestare perché il Carcere non è riuscito a educarlo. Lo scopo è sempre lo stesso, se pur velatamente, screditare la Polizia Penitenziaria.
Invece in Carcere si ritorna per necessità per la pagnotta quotidiana.
Il 13 maggio 1978, fu approvata la Legge sulla chiusura degli Ospedali Psichiatrici e nel tempo le strutture assimilabili. Certo. quei luoghi andavano chiusi, ma il problema non è ancora oggi risolto. Il tutto perché si è guardato soprattutto all’ideologia e si è data poca importanza ai fatti, è in questo modo si sono fatti danni alle persone interessate e, loro malgrado, a quelle in un modo o nell’altro coinvolte.
Chi aveva famiglia accogliente, meno male; ma tanti altri, o rifiutati dalle famiglie o ancora senza parenti. vagano per il territorio fino al compimento di specifici reati contro la persona o il patrimonio, con successivo arresto e la custodia in Carcere.
Quelli accolti dalle famiglie, spesso in grosse difficoltà perché non sanno come fare, dove chiedere aiuto, con palesi comportamenti aggressivi fino ai loro arresto e immancabile applicazione della restrizione della libertà personale in Carcere. Trattandosi di comportamento -patologico” giacché impedisce la soddisfazione dei bisogni rendendo difficile l’adattamento sociale, è palese che. per queste persone, il Carcere sia il luogo meno adatto a sostenere e curare quel tipo specifico di malattia.
In aggiunta a quanto già accennato, quale garanzia è intervenuta con l’ATS competente per territorio per allestire nell’Istituto e nei presidi Ospedalieri il Centro di salute mentale e le previste Rem? A beneficio dei ristretti colpiti di tale patologia, si sono occupati di conoscere se nei Penitenziari sono presenti sempre gli specialisti del Settore.?
Questo perché quei pazienti per la loro malattia, non mancano di porre in essere le quotidiane aggressioni al personale
Dopo un travagliato iter parlamentare, in data 17 febbraio 2012 è stata approvata la Legge numero 9 che trasferisce al Servizio Sanitario Regionale tutte le funzioni in materia svolte dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e dal Dipartimento della Giustizia Minorile del Ministero della Giustizia . I provvedimenti vanno nella giusta direzione desiderata, a partire dalla Carta Costituzionale, cioè quella di umanizzare le condizioni di vita delle persone soggette a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria.
Poiché le strutture Aziendali riguardanti l’attuale sanità penitenziaria fanno parte delle strutture territoriali delle Asl, negli Istituti sono state organizzate a beneficio dei ristretti. tutte quelle strutture, per le prestazioni di prevenzione, analisi, diagnosi, cure e riabilitazione, sulla base degli obiettivi generali dettati dalla norma.
Va posto l’accento che l’obiettivo primario dell’atto di riforma sanitaria fu quello , forse nelle intenzioni. che a un’assistenza sanitaria puntuale ed efficiente (in Istituto) doveva corrispondere un risparmio in termini finanziari, di mezzi e personale di Polizia Penitenziaria. Mentre per le varie visite, in mezzo a file di comuni cittadini. privi di tutela sulla
privacy, i detenuti sono sempre accompagnati (con enormi spese all’erario) in nosocomi
esterni. Non vi è dubbio, pertanto, che a distanza di anni la nuova organizzazione faccia rimpiangere il vecchio sistema, che forse funzionava meglio dell’attuale.
Basti pensare che la popolazione ristretta sia costituita in larghissima misura da persone con gravi problemi sanitari e sociali: chi non ha un lavoro, chi non vive in una regolare abitazione, chi è siero positivo, chi è affetto da epatite C e B, chi è dipendente da sostanze stupefacenti; inoltre alta è la percentuale degli ammalati con motivazioni e comportamenti inconsci.

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Per completare il quadro, si aggiunga che il 38% dei ristretti è costituito da stranieri praticanti varie religioni, motivo di scontri violenti giornalieri fra loro, poiché si organizzano anche in gruppi molto pericolosi.
In merito ai tossicodipendenti rinchiusi nelle descritte Sezioni, il sistema di Garanzia, per dare priorità all’interesse e allo sviluppo di attività per il reinserimento sociale e lavorativo degli stessi, quale programmi ha presentato?
Pertanto, inefficienze, manchevolezze altrui, sovraffollamento, promiscuità, mancanza di controlli, espongono ingiustamente tutto il sistema e gli operatori delle varie aree, al ludibrio dell’opinione pubblica, sempre più preoccupata.
Nel quotidiano “Il Riformista” del giorno 29 luglio 2021 è riportato che il Garante della Campania contesta la composizione della Commissione nominata dalla Ministra della Giustizia per verificare sugli ultimi gravi episodi avvenuti nelle Carceri Italiane. Le lagnanze si focalizzano sulla mancanza, nella predetta commissione, della figura del Garante. Riguardo a che cosa si avanza tale pretestuosa richiesta? Di che cosa si preoccupa il Garante? Vorrebbe applicare il teorema che chi grida di più ha sempre ragione? Stia nei suoi panni e lasci fare agli altri il proprio specifico dovere.
Ormai nelle Carceri sono saltati tutti i parametri di legalità, pertanto sarebbe opportuno che in ogni Istituto di Pena sia istituito, 24 ore su 24, l’Ufficio del Pubblico Ministero, con l’aiuto della Polizia Giudiziaria, e con delega per indagare, all’interno e all’esterno dei
penitenziari, per verificare se in certi comportamenti si ravvisino estremi di reato e se
eventualmente vi sia qualche tentativo di asservire la Polizia Penitenziaria.
Chi leggerà questa lettera capirà la situazione di un’Istituzione e lo stato di disagio e frustrazione di un Corpo di Polizia. In una situazione come quella descritta, ci si chied9 come possa reggere un cervello sottoposto, per lungo periodo, a quotidiani avvilimenti e torture, tanto da creargli seri disturbi e malattie professionali. Tenendo in debito conto che il tutto si trasferisce e coinvolge un nucleo familiare dovendo affrontare, con un solo reddito, spese specialistiche di diagnosi e cure.
Poiché noi siamo sensibili alla sicurezza dell’Istituzione e del personale, allo stato garantiamo la riservatezza di informazioni e di nomi.
Della presente si prega di dare la massima diffusione
co
Ispettore del Corpo di P’

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